In un tempo lontano si apriva ai piedi di alte montagne una splendida valle dai prati verdissimi, rigogliosi torrenti ed incantevoli boschi, abitata da centinaia di piccoli e grandi animali, da folletti, gnomi ed esseri incantati. Tutti vivevano in perfetta armonia e serenità. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare cosa stava per accadere, soltanto i capi più anziani conoscevano quell’antica leggenda dai funesti presagi che presto si sarebbe tramutata in realtà.
Tutto ebbe inizio in una buia notte priva di luna e di stelle, in cui le fronde degli alberi erano agitate da un forte vento, giunto dalle gole più alte della montagna. Il suo sibilare s’insinuava in tutta la foresta, portando con sé un inquietante sussurro. Tutti gli animali, spaventati, fuggirono a cercar rifugio, tutti, tranne quei pochi…
“Ascoltate bene il fischiare del vento, udite anche voi?”
Con voce tremante, il vecchio scoiattolo rispose terrorizzato: “Questo è il sussurrare dell’essere malvagio, questa è la voce di Adlig. La sventura sta per abbattersi su di noi!”
Nessuno prima aveva mai osato pronunciare quel nome, nella speranza che il suo terrificante canto di morte mai potesse giungere sino alla loro valle.
“Sono qui… divorerò ogni cosa, vi sbranerò tutti e sarà tutto mio… mangerò tutti, mangerò tutto e per voi non ci sarà più nulla…”
Il vecchio stambecco, cercando di mantenere calma e saggezza, prese la parola: “C’è un’unica possibilità di scampo: dobbiamo riunirci tutti vicino alla cascata in fondo alla valle e chiedere la benevolenza e l’aiuto dell’Animale Fatato. Colei che, nascosta, veglia su queste montagne, colei che solo pochi narrano di aver visto brillare in lontananza nel Grande Prato nelle notti di luna piena. Soltanto la Volpe Dalla Coda Argentata potrà indicarci la via.”
Il mattino seguente, tutti gli animali, avvisati dell’imminente pericolo, si misero in cammino. Stambecchi, camosci e cervi scesero dalle loro rocciose alture; marmotte, scoiattoli, volpi, linci, topolini e serpi uscirono dalle loro tane; le grandi aquile, i corvi, i merli ed ogni piccolo uccello presero il volo; farfalle, falene, ragni, formiche… tutti gli esseri viventi di quella montagna, quel giorno, dimenticarono le loro ostilità dettate dalla natura stessa, uniti da uno scopo molto più grande: non diventare tutti cibo per la malvagia Adlig.
Così, poco prima che l’ultimo raggio di sole andasse a scomparire dietro la Vetta dell’Ovest, la Grande Riunione ebbe inizio.
Ancora una volta fu il saggio stambecco a prender parola: “Abitanti di questa valle, Adlig, un essere spietato e malvagio, di cui noi vecchi temevamo l’esistenza, è giunta da un mondo oscuro e s’è nascosta nel Paese Che Non C’è Più ai piedi del ghiacciaio. Ma si muoverà presto. E il suo unico scopo è quello di divorarci tutti. Narra la leggenda che per far ciò approfitterà delle tenebre, oscurerà la luna, avvelenerà le acque e il cibo con i suoi fluidi maligni, farà di noi il suo nutrimento, raderà al suolo alberi e foreste, brucerà pascoli e prati finché del nostro mondo non sopravvivrà più nulla e regnerà soltanto desolazione. Noi dobbiamo fermala.”
“Fermala, fermarla! E come possiamo noi fermarla?!”
Urlò sopra il fruscio di tutte le voci una piccola marmotta sbucata fuori all’improvviso da una buca in cui s’era nascosta per la tanta paura.
“Vi svelerò io il modo per farlo.”
All’udire quella voce, tutti gli animali si voltarono verso il masso più alto della cascata e, pieni di meraviglia, si zittirono improvvisamente.
La Volpe Dalla Coda Argentata aveva deciso di mostrarsi e di concedere il suo aiuto.
“C’è un unico modo per scacciare Adlig e farla tornare nel mondo oscuro da cui proviene. Il segreto è custodito nella vecchia miniera e solo lo gnomo Puck ne è a conoscenza. Dovrete andare da lui. Vi avviso, però, gli gnomi sono molto gelosi dei loro tesori. Spero per tutti noi che riuscirete a portare a termine questa impresa. Io non potrò tenere a bada Adlig ancora a lungo…”
E detto questo sparì.
Lo gnomo Puck viveva nelle gallerie della sua miniera, con un piccolo cagnolino di nome Tomin che lo aiutava con grande astuzia a tenere lontani i topi dalla loro dimora.
Sempre indaffarato con i suoi lavori da minatore e, di certo, gnomo di poche parole e ben poco socievole, di tutta questa terribile faccenda era rimasto completamente all’oscuro, ignorando, perciò, per quale ragione quella mattina s’era trovato così tanti animali davanti all’ingresso della sua casa che lo stavano fissando.
“Ohibò, Tomin! E cos’è qua?! Non abbiamo tempo per giocare! Vai a spiegarlo ai tuoi amici, tu che li capisci meglio!”
Il piccolo cagnolino ascoltò con molta attenzione le parole del suo padrone, trotterellando e scodinzolando dapprima, e con una certa cautela poi, si avvicinò a tutti quegli animali. Qualche minuto dopo, tornò di corsa da Puck, abbaiando con molta insistenza.
“Cosa ti prende adesso!? Cosa vuoi!? Non vedi che sono impegnato? Giochiamo più tardi… Ehi! Dove stai andando?! Tomin! Vieni qui! Lo sai che da quella parte… E voi?!? Cosa ci fate qua dentro?! Dove vorreste andare?!? Non c’è cibo lì! Fuori! Tornate nella foresta!”
Ma proprio in quell’istante, mentre lo gnomo Puck era preso ad allontanare gli animali sino al limitar del bosco e il suo piccolo cane continuava ad abbaiargli insistentemente, una gelida folata di vento piegò le cime dei pini, investendolo con così tanta forza da farlo vacillare e anche le sue orecchie udirono quella voce.
“Sono qui… divorerò ogni cosa, vi sbranerò tutti e sarà tutto mio… mangerò tutti, mangerò tutto e per voi non ci sarà più nulla…”
La sua espressione mutò improvvisamente.
“Per tutti gli gnomi delle miniere! E non potevate essere più chiari da subito?! Qua non c’è un minuto da perdere! Vieni Tomin, dobbiamo andare a prendere il mio tesoro, non c’è altra soluzione!”
Pochi minuti dopo Puck tornò dal suo nascondiglio con in mano una pietra, all’apparenza identica a tutte le altre della sua miniera, finché non emise il primo bagliore.
A quel punto, il vento infuriò ancora di più, in pochi secondi divenne buio come la notte, le montagne tremarono e lampi accecanti riempirono il cielo. Un urlo angosciante echeggiò in tutte la valle.
“Tomin, dobbiamo far presto! Corri più forte che puoi dalla Volpe Dalla Coda Argentata, prima che sia troppo tardi! Sta combattendo per noi e se dovesse morire sarebbe la fine! Vai!”
Tomin, che lo stava ascoltando impettito e con le orecchie ritte, di scatto le girò all’indietro, partì come un razzo e i suoi zampini iniziarono a correre così veloci che pareva potesse prendere il volo. In pochissimo tempo, seguendo il suo infallibile fiuto, si ritrovò nel pieno della tempesta e subito vide un’accecante luce emanata dalla coda della Volpe che stava cercando disperatamente di contrastare la furia di Adlig.
“Vi maaangio!!! Vi maaaangio!!!”
“Presto, Tomin, lancia ora la pietra magica nell’enorme bocca di Adlig!”
Senza farsi prendere dalla paura, Tomin balzò sul masso più alto che potesse raggiungere, lanciò la pietra e…
All’improvviso si vide soltanto una grande fiammata e tutto finì.
Il tesoro dello gnomo Puck era stato mangiato, ma il piccolo Tomin aveva salvato l’intera valle.
Anna “Annina” Lorenzi
(Testo selezionato per il Premio Letterario Nazionale Enrico Trione:
“Una fiaba per la montagna” – VII Edizione.
E pubblicato nell’omonima raccolta di fiabe: “Una fiaba per la montagna”
Grafica Santhiatese Editrice
Anno: 2008
Concorso organizzato dall’Associazione Culturale ‘l Peilacan (che detiene i diritti sulle novelle iscritte al concorso),
il Parco Nazionale Gran Paradiso e dal Comune di Pont Canavese.
www.unafiabaperlamontagna.it)