La verità – atto II

Un futuro possibile. Una città di “ferro e cemento”.
Una donna forte, dai nobili principi, determinata nel suo insolito lavoro di cacciatrice di verità, pronta a lottare e mettersi in gioco ogni istante in nome del suo Io.
Una moto aerea.
Un ente governativo con la prepotente intenzione di avere l’assoluto controllo su ogni cosa e persona, servendosi anche dell’inganno, se necessario.
Una grande Amicizia.
Un inevitabile destino.
Una storia che parla di Amore, nel suo valore assoluto,
di Sentimenti, di Lealtà
e della consapevolezza di ciò che diversamente mai si potrà essere.


Intro (ciò che fu).

Tutto ebbe inizio tanto tempo fa, in un mondo senza tempo, in un luogo lontano, mai conosciuto sino ad ora, mentre le fronde degli alberi iniziavano a lasciar al vento tracce colorate d’autunno e la prima stella della sera aveva già fatto capolino tra le ultime luci di un limpido tramonto, trafitto dal volo di rondini appena partite.

“Che c’è? Cosa accade? Dimmi tutta la verità, ti prego.”
“Nulla, ascolto solamente il vociare insistente dei miei pensieri, osservo soltanto i disegni della mia mente eccessivamente complicata, tutto qui.”

Rimasero ancora in silenzio per attimi indefinibili, per istanti lunghi il nulla o l’eternità, sfiorati da una brezza fresca, profumata, ricolma di una ghiacciata consapevolezza e di rassegnata malinconia. Davanti a loro il silenzio di un giardino ormai disabitato.

“Devi andare, non è vero?”
“Si, è tempo che io rientri a casa, ora.”
“Ti rivedrò mai?”
“Non farmi domande a cui solo il tempo potrà rispondere.”
“Ma di noi esisterà sempre qualcosa, non è vero?”
“Sempre. Supereremo un giorno i confini del mondo. E’ una promessa, è il destino.”
Si alzarono. Un lungo abbraccio soffocò in gola la parola addio.

1.
Il racconto che sto per narrarvi giunge da un tempo perduto, di un futuro inesistente, probabilmente illogico, forse lontano da una plausibile realtà, e di un passato ignoto, non ancora scoperto, non ancora trovato…
La storia ebbe inizio in un noioso pomeriggio d’un piovoso novembre, sullo sfondo grigio di ferro e cemento d’una anonima città, all’interno di uno dei tanti grattacieli di vetro in cui era solita nascondersi tutta la peggior burocrazia di quel mondo apparentemente assurdo. La sala d’aspetto era gremita di gente, di persone tutte identiche tra loro, con gli stessi abiti, le stesse facce, tese, rassegnate, spente, tutte in fila per lo stesso, assurdo, irragionevole motivo: Il Potere, organo sovrano dell’intero paese, ogni anno chiamava a raccolta tutti i cittadini col fine unico di essere in possesso di tutte le informazioni possibili ed inimmaginabili su ogni individuo e assicurarsi, perciò, a loro convinzione, il completo controllo su ogni cosa. A suo malgrado, il lavoro di cacciatori di verità era particolarmente tenuto d’occhio e, per una donna poi, non presentarsi al censimento e diventare completamente fuori legge, le avrebbe creato non pochi problemi e così, in mezzo a quella seccante situazione, si trovava anche Alex, completamente assorta come sempre dai suoi mille perché. Con lo sguardo rivolto al vetro grondante che aveva di fronte, e la mente nascosta in splendidi luoghi che forse mai potevano essere esistiti o appartenuti ad una realtà se non quella di un altro universo, in quell’attimo si sentì fortunata di sapersi diversa, felice di poter usare la sua testa per immaginarsi in un altro dove e…

“AVANTI NUMERO 1-9-8-1! BENVENUTO!”

In quel momento la fredda ipocrita voce dell’altoparlante alle sue spalle chiamò il suo numero. Ancora pochi minuti e sarebbe potuta uscire da quello squallido luogo, sottrarsi agli sguardi incuriositi dei lettori di mente, dire addio per un altro anno a quell’infame ed odiato sistema del Potere e sfrecciare nel plumbeo del cielo con la sua moto aerea, inseguita soltanto dal rumore dei suoi pensieri.
Forse qualche nuovo lavoro era già ad attenderla in ufficio, forse il suo aiutante dai circuiti tutto fare aveva in serbo qualche buona nuova per lei o forse… inaspettatamente il suo cercapersone le vibrò nella tasca dei pantaloni. Diede una rapida occhiata. Il numero di codice che era apparso sul display con priorità alta le era totalmente sconosciuto.
Chi diavolo poteva mai essere? Non poteva trattarsi di un errore, nessuno che non fosse fidato poteva avere il suo numero senza che lei ne fosse a conoscenza e, soprattutto, perché tutta quell’urgenza?
Si alzò di scatto, doveva assolutamente finire quella ridicola pagliacciata al più presto e volare di corsa al suo computer. In quella faccenda doveva assolutamente vederci più chiaro.

Appena rientrata in ufficio, come sempre, il suo aiutante gli arrivò in contro porgendogli il consueto saluto.
“Bentornata capo Alex!”
“Salve P2. M’ha cercato qualcuno, per caso?”
“No, nessuno. Il telecomunicatore s’è acceso per un istante, precisamente per 54 centesimi di secondo, ma non ha neppure fatto in tempo a suonare. Sicuramente si è trattato di uno sbaglio.”
“…uno sbaglio, eh? Fammi un favore, rintraccia comunque il luogo di provenienza della chiamata e l’intestatario dell’apparecchio. Meglio non aver dubbi…”
“Certo, capo, ci provo subito.”

Si sedette alla scrivania, pronta ad iniziare anche lei le ricerche per sapere chi l’avesse contattata sul suo cercapersone, forse poteva esserci qualche nesso. In fondo, era o non era una cacciatrice di verità?
“Computer.”
La tastiera e lo schermo rapidamente comparvero davanti a lei.
“Programma ricerca – sezione codici.”
Controllò il numero di codice per inserirlo nel programma e iniziò a smanettare rapidamente coi tasti del suo PC.
Non era da lei preoccuparsi così tanto per una cosa del genere, ma un indefinito e non piacevole presentimento la disturbava già da qualche giorno. Come se presto ed inevitabilmente avesse dovuto imbattersi in qualcosa di strano, di sconvolgente, di…

“Capo Alex, ricerca completata.”
“Bene P2, cos’hai trovato?”
P2 le mostrò con un certo timore la schermata delle sue ricerche.
Non poteva credere ai suoi occhi.

2.
Esisteva un’unica persona al mondo che avrebbe potuto essere in possesso del suo numero di codice, averne uno a lei sconosciuto e tentare di contattarla da un antiquato telecomunicatore come quello che conservava quasi gelosamente il vecchio Bob nel suo locale. Esisteva un unico uomo che, inspiegabilmente, avrebbe potuto cercarla dopo anni di distanza dall’ultima volta che s’erano rivisti. E se l’aveva fatto, sicuramente, ci sarebbe dovuta essere una motivazione più che valida.
Era una delle persone più importanti della sua vita, un Amico, che il tempo, la vita e le distanze, però, l’avevano allontanato da lei, quasi al punto di non averne più traccia, ma la fiducia nei suoi confronti mai era venuta meno, nonostante quella strana sensazione che l’aveva invasa, non poteva trattarsi di un imbroglio.

Appena vista l’analisi dei dati di P2, era subito saltata in sella alla sua moto aerea, non curante ancora una volta dell’acqua scrosciante che sembrava non aver la minima intenzione di smettere di inondare i cieli di quell’insopportabile città e, con una certa ansia nel cuore, stava sfrecciando verso il quartiere ovest, nella speranza di poter trovare Bob di un umore abbastanza decente per far quattro chiacchiere con lei.
Il rombo potente del suo mezzo le dava coraggio, il pieno controllo dei suoi movimenti ad ogni singola curva le infondeva fiducia, la fredda aria e le lame affilate di quell’insistente temporale sembravano non poterla scalfire, ma il suo animo, dopo infinito tempo di rigida nebbia e impenetrabile ghiaccio, era tornato a sussultare.

Ad un tratto il computer di bordo le segnalò la presenza di un segnale radar che la stava seguendo ormai da una decina di minuti. Attivò il microfono del suo casco per dare istruzioni vocali.
“Dettagli.”
Sullo schermo del suo mezzo apparve ciò che aveva richiesto.
PROVENIENZA: UFFICI CENTRALI SICUREZZA POTERE
GRADO DI INTERCETTAZIONE: 83,5% MOVIMENTO / 90% TERRITORIO CITTADINO / 38% TERRITORIO STATALE
FREQUENZA DI TRASMISSIONE: 45°V
POSSIBILITA’ INTERFERENZA SPOSTAMENTO: 67%
POSSIBILITA’ INTERFERENZA INTERCETTAZIONE PARZIALE: 14%
POSSIBILITA’ ANNULLAMENTO INTERFERENZA: 11%

Il Potere la stava tenendo d’occhio.

“P2! Collegamento. Sai cosa fare.”
Piano rallentò, quasi a fermarsi. Il segnale di intercettazione diminuì.
“Non volete dar nell’occhio eh, bastardi?! Ingenui! Non sapete con chi avete a che fare!”
All’improvviso cambiò posizione di guida, controllò la visiera del suo casco, si guardò rapidamente attorno, schiacciò il rosso pulsante del turbo e aprì il gas completamente, scomparendo tra le cime dei più alti grattacieli e i meandri dei vicoli più bui.
I suoi inseguitori l’avevano persa.
Sullo schermo un messaggio del suo infallibile assistente:

–CONFERMO INTERCETTAZIONE_ PROVVEDUTO SOSTITUZIONE FILTRI / CODICI IDENTIFICAZIONE PUBBLICA / PULIZIA RETI_ PROGRAMMAZIONE AVANZATA ILLEGALE_ POTERE FREGATO! 🙂 —

“Grande!”
Senza alcun problema, pochi minuti dopo parcheggiò la sua moto aerea davanti al locale di Bob.

Nonostante fosse ormai passato parecchio tempo dall’ultima volta che era andata a trovare l’amico al suo locale, come diversamente non sarebbe potuto essere, nulla era cambiato. La vecchia insegna dai neon colorati continuava a lampeggiare insistentemente sulla piccola strada fradicia, ogni centimetro del legno dell’arredamento era sempre più impregnato di alcol e fumo, sempre uguale, sempre lo stesso, così come il buon vecchio Bob, con il suo bianco grembiule liso, che se ne stava ad osservare il mondo ed asciugare bicchieri da dietro il suo ormai storico bancone.

“Eccola qua, la nostra cacciatrice di verità!”
“Buona sera, Bob, non sembri sorpreso di vedermi…”
“Lo sapevo che saresti riuscita a beccare il mio tentativo di chiamata, nonostante le condizioni del mio telecomunicatore…”
“Già, sai che nel mio lavoro non scherzo, no? Dammi una birra e dimmi cosa sta succedendo.”
Sorrise.
“Ecco a te, se non ricordo male è questa la tua preferita, no?”
“Fantastico, Bob, ma non metterti a divagare, ora, e sputa il rospo!”
“Si, si, ok, ho capito… mi sono arrivate voci che il tuo vecchio amico Rick ti stava cercando e che sarebbe passato di qua questa sera, così…”

Non fece a tempo a finire la frase che la cigolante porta d’ingresso si aprì.
“Salve a tutti!”

Alex si girò di scatto. Il suo Io sussultò nuovamente. Tutti i suoi dubbi scomparvero, l’inseguimento del Potere fu dimenticato e una spontanea felicità non fu in grado di essere rinnegata.
Davanti ai suoi occhi luccicanti c’era proprio Rick.

Ciò che successe dopo fu solamente un magico e perfetto ritrovasi di due animi e due cuori legati da una sorta di immenso e potente destino comune. Furono parole, sorrisi, abbracci, serenità, complicità e una notte che avrebbe potuto mai aver fine. Ma così non fu.
Al primo nascere del giorno nuovo giunse l’inevitabile istante che entrambi avevano scordato dovesse arrivare.

“E’ ora di andare, lo sai, vero?”
“Si, per un attimo ho pensato che questa parentesi spazio-temporale potesse non finire mai… e… ho anche temuto che…”
“Non ti preoccupare, Alex. E’ tutto ok. Dobbiamo tornare alle nostre vite, ma ci rivedremo presto, è una promessa.”

La pace che avvolgeva ogni cosa era riuscita a penetrare anche dentro di lei, rendendola incapace di ansia alcuna.
E fu così che un lungo abbraccio soffocò in gola la parola addio.

3.
Aveva passato una serata al di fuori dal mondo, lontano da ogni possibile immaginazione, distante da tutto ciò che mai avrebbe potuto pensare reale, ma che reale era stato veramente.
Ma come in un sogno, come nel bel mezzo di un pensiero felice, Alex s’era dovuta risvegliare bruscamente e, bruscamente, era stata obbligata a rientrare nella sua vita di ogni giorno. Frastornata, felice, con la testa in altri dove, inspiegabilmente calma, era tornata da quel viaggio, al suo posto, facendo finta che nulla fosse mai successo, seppur il suo io più profondo sapeva bene che così non era e, in silenzio, se ne stava buono nel suo angoletto, attendendo con ansia un futuro che, prima o dopo, era certo sarebbe arrivato.

Il tempo era trascorso veloce, in pochi giorni, inevitabilmente, l’universo delle sue sensazioni aveva dovuto cedere il passo alla grande razionalità che Alex aveva imposto al suo ruolo di cacciatrice di verità. E a galla era subito tornata la questione più “curiosa” degli ultimi giorni: perché mai Il Potere s’era messa ad inseguirla in quell’inimmaginabile giorno di pioggia?
Era giunto il momento di fare una visitina al suo amico Josh, per quelle sporche faccende nessun’altra persona sapeva fare l’informatore bene quanto lui…

“P2, controlla che lo stato della mia moto aerea sia perfetto, volo a cercare Josh e… modifica la mia tessera di identificazione in modo che possa essere in grado di farmi passare la sicurezza degli uffici del Potere senza problemi. Credo proprio che entro notte mi toccherà fare una visitina a quel cane di K.J….”
“Nessun problema, capo, il suo mezzo è già in ordine. Tra circa 19 minuti e 38 secondi le confermerò lo stato della sua tessera.”
“Fantastico! A tra poco, allora.”

Qualche minuto dopo una bollente tazza di caffè stava rispecchiando il castano dei suoi occhi in un piccolo bar alla periferia nord della città, attendendo l’amico, quando…
Improvvisamente tutti i suoi muscoli si irrigidirono e i nervi si tesero come corde di violino.

“Mani in alto, dolcezza!”
Netta la sensazione di avere un brutto ferro puntato alla schiena.
Si girò di scatto e rapidamente afferrò il polso del minaccioso tizio alle sue spalle, lo buttò di schiena sul tavolo dietro al suo e… Si fermò di colpo. Non poteva crederci.

“Oh, merda! Josh! Che cazzo di scherzi sono questi!?”
“Hei, Alex, rilassati! Cristo, pensavi davvero di avere un’arma puntata alle spalle?!”
“No, figurati, stavo per spaccarti la faccia perché mi stavo annoiando!”
“Ok! Ok! Ok! Perdono! Sono stato un idiota, va bene? Ora dimmi, a cosa devo la tua visita?”
Si rimise a sedere, bevve un sorso del suo caffè e riprese il controllo della sua calma apparente.

“Che notizie hai della nostra vecchia conoscenza… di K.J., intendo. E’ sempre a fare il lecchino negli uffici del Potere?”
“Beh… per quanto ne sappia io… credo proprio di si… ma perché me lo chiedi? Qualche grana?”
“No… nulla di che… mi hanno seguito non molto tempo fa, forse solo un caso… però…. Volevo vederci più chiaro, ecco tutto. Tu sai qualcosa?”
“No… nessuna novità, ma… Stai all’occhio, amica, so che in questo periodo…”
“Non ti preoccupare. Ha sempre lo stesso ufficio?”
“Sempre quello, ma…”
“Bene, un giochetto da ragazzi. Grazie Josh, tutto quello che volevo sapere.”
Pagò ed uscì.

Il display della moto aerea si accese, esattamente all’orario previsto dal suo assistente.
–TESSERA IDENTIFICAZIONE AGGIORNATA: DIPARTIMENTO SERVIZI SPECIALI TOP SECRET/COD. AGENTE N. 6756819_ INGRESSO ASSICURATO!–
“Ottimo! Ora speriamo in bene…”

Senza dare troppo nell’occhio, parcheggiò davanti agli imponenti e grigi palazzi degli uffici centrali del Potere, si avvicinò all’entrata e si posizionò davanti all’ingresso del personale autorizzato per l’identificazione. In pochi istanti avrebbe scoperto se il lavoro di P2 era stato davvero così impeccabile o se avrebbe dovuto scappare, come mai in vita sua, nel travolgente traffico dei cieli.

“Buongiorno, inserisca la sua tessera nell’apposita fessura, appoggi il palmo della mano destra sul sensore luminoso e guardi dritto davanti a lei.”
Fece un profondo respiro ed eseguì gli ordini.
Un secondo di gelo. Poi un breve suono.
“Benvenuto agente N. 6756819, entri pure e buona giornata.”
Tirò un sospiro di sollievo. Era fatta.
Pochi minuti dopo era seduta alla scrivania dell’agente speciale K.J., attendendolo con ansia.

Dopo un’altra buona decina di minuti la porta si aprì.
“Salve K.J. è un bel po’ che non ci si vede, eh?”
Preso alla sprovvista, automaticamente fece per sfoderare la pistola da sotto la giacca.
“Calmo, bello, non c’è motivo di allarmarsi tanto!”
“Oh, diavolo, Alex! Ma che ci fai qui? Come sei riuscita ad entrare?!”
“Evidentemente i vostri servizi di sicurezza non sono poi così impeccabili, o il mio aiutante è un genio… Voglio sapere perché i tuoi mi stavano alle costole qualche giorno fa.”
“Non so di cosa tu stia parlando, non ne so nulla ora, per cortesia, sparisci. Sto aspettando una visita dei miei superiori, se ti trovano qua non hai idea del casino che può saltar fuori, Alex.”
Cercò di guardarlo negli occhi, per tentare di capire quanta sincerità poteva mai esserci nelle sue parole.
“K.J., non ci siamo capiti, io…”
Improvvisamente il suo cercapersone vibrò ancora una volta nella tasca dei suoi neri pantaloni di pelle. Rapidamente diede un’occhiata al numero di codice. Un sussulto. Era Rick e senza dubbio voleva vederla.
Tutto il resto del mondo s’annullò nell’esatto modo in cui s’era messo da parte in quella sorprendente serata. Non le importava più nulla di K.J. , dell’inseguimento, del Potere, non in quel momento.
Senza nemmeno finire la frase o aggiungere altro uscì di corsa da quei dannati uffici, e balzò in sella al suo mezzo, sfrecciando verso l’ignoto. Senza neppure accorgersi che qualcuno la stava nuovamente seguendo…

4.
Anche questa volta, non poteva aver dubbi, l’unico posto dove poteva trovare l’amico ad aspettarla era il vecchio locale di Bob ed era proprio lì che Alex si stava dirigendo con il cuore in gola, mentre la scia del suo motore stava spaccando in due il rosso di uno splendido tramonto.
Nella sua mente un susseguirsi di immagini, di parole, di pensieri forse mai esistiti, forse solamente frutto dei suoi sogni più profondi, o, forse, veramente appartenuti ad un passato vissuto quasi inconsciamente o ad un futuro scrutato, ancora tutto da scoprire.

Con il gas spalancato, pochi minuti dopo stava già sorvolando il quartiere di Bob, ritrovandosi a parcheggiare al suo solito posto, proprio davanti all’ingresso del locale che, con sua enorme sorpresa, sembrava essere ancora chiuso. I neon dell’insegna luminosa sopra la porta spenti, la serranda d’ingresso tirata su soltanto a metà, le luci all’interno ancora più basse del normale. Qualcosa non andava. Il suo animo venne scosso dal timore, e un nodo allo stomaco rese palese l’ansia che la stava invadendo.
Doveva assolutamente vederci più chiaro, capire cosa diavolo stesse accadendo. Con apparente calma scese dalla moto aerea, si sfilò casco, guanti, si accese una sigaretta, si guardò attorno per qualche secondo per raccogliere tutta la cautela del caso, si avvicinò alla porta, diede una sbirciata attraverso il buio delle vetrine e, finalmente entrò.

“Permesso… C’è nessuno? Ehi, Bob!? Dove diavolo sei?! Rick, sei qui?”
Il posto sembrava deserto. E la cosa non le piaceva affatto.
Cosa stava accadendo? Dov’era l’amico? Dov’era Bob?

Ad un tratto si accorse che sul bancone, ancora reduce dai segni della precedente serata, c’era un biglietto con sopra scritto il suo nome. Senza indugiare oltre, lo prese e lo aprì. Ciò che lesse la catapultò nell’ombra della più cupa incredulità.

“Ciao, Alex. Lo so che mi hai pensato molto negli ultimi tempi, lo so che credevi di trovarmi qui, ma penso che sia il caso che io e te non ci si veda più. Almeno per un po’. Poi, chissà, forse il tempo ci sarà favorevole, o forse… Credimi, è meglio così. Ti abbraccio. Con affetto, Rick.”

Non poteva crederci. Non potevano essere davvero sue parole, non aveva senso alcuno, non poteva essere davvero stato lui a scriverle una cosa simile, non… Sarebbe mai stato in grado di prenderla in giro… Rick?
Si sedette ad un tavolo, incapace di realizzare cosa stesse succedendo e perché, mentre il suo pensiero era già scivolato sull’intenso ricordo di quella sera incomprensibile e assolutamente ricolma di naturalezza.

S’era lasciata trasportare dal suo abbraccio e avvolgere dal calore del suo corpo. Aveva permesso alla sua mano di prenderla con sé per condurla in un luogo apparentemente sconosciuto ma che da sempre soltanto a loro apparteneva, pieno di profondo e sincero affetto, di spontanei e sinceri sorrisi.
Aveva respirato l’odore della sua pelle e fatto suo il suono della sua voce pacata, appoggiando piano il capo al suo petto s’era immersa in quella pace inaspettata senza ombra alcuna di male, di problema, di imbarazzo o di timore, senza nessun pensiero di qualcosa di sbagliato o insensato. E in quella parentesi di mondo senza tempo né spazio, senza vuoto né preoccupazioni, s’era pian piano lasciata vincere dal sonno, cullata soltanto da quell’amato respiro.

Forse mai sarebbe riuscita a comprendere appieno l’immensità di quella notte, forse nemmeno poteva importare qualcosa doverla capire, sicuramente l’avrebbe ricordata per tutta la vita e per tutta la vita sarebbe appartenuta a loro soltanto.
Un comune destino, fatto di strade intrecciate e fortemente unite al di là di ogni logico pensiero.

Poteva essere finito tutto così?
Poteva mai essersi tutto smarrito nel cupo vortice del mondo reale? Dove si celava la sottile linea di confine tra ragione e sentimento, tra logico ed illogico, tra giusto o sbagliato, tra vita e nulla, tra verità e menzogna? Quale mai poteva essere il senso nel perdere ciò che di più bello poteva esistere? Quale mai poteva essere il senso del perdersi in sé?
“L’amico più grande che io abbia mai avuto. – pensò – E non è forse questa una delle più grandi e splendide forme di amore? Non può scomparire, non può soccombere, non può finire tutto qui…
E il senso di una sincera promessa non racchiude forse l’insieme più grande dei valori e dei principi che una persona può possedere? Mi avrebbe presa in giro per tutti questi anni? Lui?! Impossibile!”

Improvvisamente sentì un rumore nel retro della cucina che la fece subito ripiombare nel mondo dalla frenesia dei suoi mille pensieri che l’avevano rapita.
Si sporse piano al di là del banco, cercando di capire chi mai si potesse celare nell’ombra di quel posto.

“Bob…? Sei tu? Sono Alex…”
Lo sbattere della porta del retro risuonò prepotente nel silenzio del locale chiuso.
“Ma che diavolo…”
Si alzò velocemente, corse sul retro, aprì di scatto la piccola porta che dava sull’altrettanto piccolo vicolo nuovamente bagnato dalla pioggia che aveva ripreso a scendere su quella assurda città, vide un uomo correre oltre il marcio del grigio palazzo, senza indugi lo seguì, girò anche lei di corsa l’angolo e…

Un rumore sordo precedette di pochi istanti il dolore inteso che le arrivò sulla testa. Lucide scarpe di pelle nera furono l’ultima cosa che riuscì chiaramente a vedere.

Si svegliò di soprassalto con un pesante cerchio alla testa, un’intensa luce bianca le fece mettere a fuoco quella piccola stanza completamente vuota solamente qualche istante più tardi, mentre, ancora rintronata dalla botta, stava cercando di ricostruire i pezzi di ciò che le era accaduto. Ad un tratto una porta si aprì e fecero il loro ingresso quattro agenti del Potere.

“Ben svegliata, Alex. Scusaci per il trattamento che hai ricevuto, ma… beh, era l’unico modo per prenderti… è un bel mezzo la tua moto aerea, sai?”
“Già… ma volete dirmi ora cosa diavolo sta succedendo, se non pretendo troppo?”
“Sicuro. Seguimi, ti spiegherò ogni cosa.”

5.
Seguì quegli uomini per lunghi corridoi pieni di porte recanti su di esse la scritta AREA TOP SECRET, sentendosi pienamente in balia di qualcosa di più grande di lei. Ad un tratto una di quelle porte le fu aperta.
“Entra, Alex, e siediti.”

La stanza conteneva solamente una postazione elettronica, identica a quelle usate negli uffici pubblici per l’annuale censimento.
“Bene. Vedi, da tempo Il Potere sta svolgendo esperimenti sul controllo della mente, catturando quella di individui particolari nel giorno del censimento e proiettandola in una realtà semi virtuale creata da noi. E tu sei una di quelli.”
“Che cosa… cosa diavolo stai cercando di dirmi?”
“Che tutto ciò che hai vissuto in questi ultimi mesi doveva essere manovrato completamente da noi, ma…”
“Ma qualcosa è andato storto, non è vero?”
“Già. Sembrerebbe che la sfera dei sentimenti su certi soggetti sia complicata da governare… Ciò che è successo tra te e Rick… non possiamo dire se sia parte della realtà o di codici distorti del nostro esperimento o… Posso dirti che è giunto il momento di terminarlo e stare a vedere.”
“Figli di puttana!”
Sogghignò.
“Buffa la vita, eh, cacciatrice? Ma sentiamo, qual’è la tua verità, adesso?”
“Brutto bastardo!”
“Che c’è? Ora Il Potere ti spaventa?”

Lo fissò negli occhi, pronta a raccogliere la sfida, con i nervi controllati dalla rabbia, gli vomitò addosso tutta la sua innata sincerità.
“La verità? Vuoi sapere qual è la verità?! La verità è che ci nasci di una certa materia e quella non si modificherà mai. La verità è che gli anni, gli eventi, le circostanze e la vita sapranno modellarla, darle forma e aspetto, ma la sostanza di ciò che sei non potrà mai essere intaccata. Combattendo, con fatica e sofferenza, al fine unico di esistere, lottando ogni istante per conquistarsi e farsi suo un piccolo spazio di mondo, pian piano la forma uscirà allo scoperto, si mostrerà con tutti i perché che l’hanno creata e poi sarà lì, pronta ad affrontare il suo inevitabile futuro, ogni giorno con un pezzetto di consapevolezza in più. La verità è che c’è un destino comune che lega inevitabilmente alcune persone e nessuno spazio, nessun tempo, nessuna logica potranno mai far sì che queste si dividano completamente, si perdano o non si rincontrino all’improvviso in un inaspettato, immenso e naturale abbraccio. Nessuna ragione o nessun torto, nessun giusto o nessuno sbagliato, nulla che appartenga al razionale, al mondo dell’apparire e del tutto scontato potrà mai andare contro a ciò che mai diversamente potrà essere, anche se spiegazione sembra non poter esistere, perché è semplicemente nell’esistere stesso di un qualcosa di più grande di noi, capace di meravigliarci, di farci pensare sino a romperci la testa alla disperata ricerca di un perché, di una plausibile motivazione e poi farci sorridere come ingenui bimbi, dinnanzi all’immensa consapevolezza di qualcosa che ci riempie il cuore perché vera, sincera, proprio perché dettata da quel legame profondo ed innato che la sorte comune ha voluto far scendere in campo nella stessa partita. La verità è che c’è ancora chi crede nella parola Amore, qualunque sia la sua forma o il suo mostrarsi e… beh, amico mio, a questa non si può di certo andar contro! La verità è che tutto ciò puoi impararlo e riconoscerlo solamente seguendo davvero il tuo cammino, uscendo allo scoperto e percorrendo la tua strada, qualunque essa sia e dovunque questa possa portarti, solamente Vivendo tutto e tutto appieno, tu, in prima persona, imparando a conoscere ed affrontare te stesso e gli altri, mettendoti pericolosamente in gioco, ogni giorno, ogni istante, in ogni scelta e pensiero, raccogliendo ogni piccolo dettaglio nel bagaglio delle tue esperienze e imparando a farne tesoro e… he, vuoi davvero sapere qual’è la verità? Ok, allora inizia a guardare dentro te stesso, osserva bene, osserva piano e poi guarda attentamente tutto ciò che ha circondato e circonda il tuo essere, cerca dentro il tuo zainetto di vita, consulta tutte le mappe che ha usato per arrivare fin qua, poi fermati a pensarci un istante. Vedrai nascere qualcosa che lentamente prenderà sostanza e forma direttamente dal tuo Io più profondo. Bene, tienilo stretto. Quella è la tua verità, caro agente, non le stronzate che mi vuoi raccontare, che mi vuoi far credere. E sono solo affari tuoi, amico, solamente affari tuoi.”

L’espressione sul suo volto mutò improvvisamente, perdendo quell’odioso sorrisino di scherno.

“Belle parole, Alex. Davvero un bel discorso, veramente. E, forse, mi spiace per tutto ciò. Ma ora, dimmi, sei pronta a scoprire cosa cela l’inevitabile?”

Un pesante respiro ricolmo di vuoto e timore riempì un istante infinito.

“Siediti alla postazione. Manovreremo per l’ultima volta la tua mente e tornerai alla realtà. Ti troverai in un vecchio palazzo fuori città, davanti ad una porta. Dietro ad essa c’è un giardino. Là troverai il tuo amico Rick. Il resto lo scoprirai da te.”

E magicamente così accadde.

Non le era concessa altra scelta, doveva arrivare alla fine di quell’assurdo ed allucinante gioco in cui era stata catapultata, vittima e protagonista nello stesso tempo. Con un gigantesco peso sul cuore, appoggiò la sua mano ghiacciata su quella porta e l’aprì. Poco lontano da lei sedeva Rick, chiuso in chissà quali pensieri. Si avvicinò.

“Ciao, Alex.”
“Rick… io…”
“Che ne dici, ‘sta volta abbiamo davvero superato i confini del mondo, eh?”
Un immenso sorriso le riempì l’animo.
“Già… e il biglietto? E… ora? ”
“Il biglietto non era opera mia e ora torniamo alle nostre vite. Tanto ciò che siamo veramente e ciò che ci appartiene nel profondo non potranno mai togliercelo, lo sai, al di là di qualsiasi cosa, anche del delirio che ci circonda. Ricordi la tua verità? Non scordarla mai. E’ destino.”

Rimase in silenzio per qualche istante, cercando di riconquistare le redini di ciò che stava vivendo.

“Non sparirai ora, vero? Ci rivedremo presto?”
“Sicuro, è una promessa.”

Si alzarono.
Un lungo abbraccio scacciò per sempre la parola addio.


Anna “Annina” Lorenzi


(pubblicato in 5 uscite da marzo a ottobre 2007 nella rubrica “Parole a gas aperto – Il racconto di Annina”
della rivista “Women on Bikes” – Edil motor editore)