
Narrò la storia di una donna apparentemente come molte altre,
ma che con “le altre” mai ebbe somiglianza alcuna.
Narrò la storia di colei che senza volerlo, senza saperlo, nacque principessa e da principessa divenne guerriera. Una combattente venuta al mondo per affrontare impavida il suo percorso, a testa alta, inarrestabile, incontenibile, impossibile farla arretrare.
Una donna dalla forza d’animo così immensa da permetterle di lottare sola contro interi eserciti, contro il suo stesso destino, spada tratta, nonostante ogni avversità; nonostante quelle battaglie che la videro vacillare, ingoiare fango, inginocchiarsi ferita per poi rialzarsi e tornare in sella con sguardo ricolmo di consapevolezza, di coraggio, di sfida, di Vita.
E con uno splendido sorriso ad illuminarle il volto. Sempre.
“Li vedo, sai, i tuoi occhi stanchi, dietro quel tuo sorriso con cui cerchi di celare al mondo intero ciò che provi veramente.
Ti riesce facile, con tutti, o quasi.
Ma i tuoi occhi, quelli – a guardarli bene – non sanno mentire, non sanno mentire mai, non a me.
La percepisco la tua stanchezza, il tuo celato ma profondo tormento, affacciata tra passato, presente e futuro, in bilico tra ciò che vorresti, ciò che avresti voluto, ciò che è e che sarà.
Eppur osservo la tua determinazione che riuscirebbe a spostare macigni. E lo fa.
Lo sento chiaramente, della bocca dello stomaco fino lì, in mezzo al petto.
Incapace di farti afferrare la mia mano, di alleviarti quel peso.
Incapace di girarmi dall’altra parte, far finta di nulla, non farci caso…”
Narrò la storia di una donna apparentemente come molte altre, ma inconsapevolmente capace di risplendere di una luce tutta sua, meravigliosa, ricolma di un’essenza riservata a pochi esseri soltanto.
Narrò la storia di colei, nata guerriera, che con la stessa eleganza seppe passare dal tappeto rosso del più ricco castello all’asfalto più crudo e ruvido, per poi, araba fenice, riprendere a volare più in alto di ogni tempesta.
Rosso come il sangue che dovette sputare per arrivare fino in cima al podio, in cima a quel podio, che conquistò con fatica e sudore, lacrime e gloria, e che nessuno poi seppe portarle via. Mai.
Raccontò la storia di colei che con gentilezza salì quasi titubante su quel ring, il più grande di tutti, si mise in gioco, diede tutta se stessa, incassò colpi inaspettati e colpi bassi, prese a pugni i suoi avversari e la vita stessa e da lì scese campionessa del mondo intero. Nonostante le risate vere e quelle forzate, gli abbracci “dovuti” e quelli sinceri. Nonostante verità e finzione.
Comunque, combattente e vincitrice. Sempre.
Anche nell’apparente sconfitta.
“Ricordo, sai, la verità e la finzione che seppero circondarti ed invadere la tua vita.
Ricordo ogni istante, saprei dipingerne ogni riflesso, ogni espressione, ogni parola e ciò che si portavano dentro, con lealtà, rispetto e affetto – rari – o con il più bieco opportunismo e la più squallida ipocrisia.
Ricordo bene quell’energia che sai emanare nel commuoverti sinceramente dinnanzi a ciò che ti sa toccare l’animo, riconosco ancora quella rabbia che sapevi educatamente soffocare per non far sì che inevitabilmente esplodesse con tutta la sua violenza.
Si potevano annusare, sfiorare, toccare, immergersi fino quasi ad annegare, in apnea… Prima di salvarsi grazie ad un profondo respiro, per cercare di sopravvivere e lasciare andare, lasciare andare e sopravvivere.
Incapace di urlare al mondo intero cosa tutto ciò potesse significare. Incapace di pronunciar parola alcuna che avesse potuto anche solo lontanamente possedere un senso compiuto, che fosse stata in grado di spiegare…”
Narrò la storia di una donna nata, volente o nolente, per lottare, combattere ogni giorno con costanza e coerenza per se stessa, per i sui principi, per i suoi sogni, i suoi ideali, per il suo più intimo Universo che solo a lei fu dato conoscere davvero, solo a lei da sempre davvero appartenuto.
Narrò di quella guerriera incapace di arrendersi, che mai depose le armi, mai potè farlo, per la sua natura, per la sostanza del suo stesso Io, per Lei.
Raccontò la storia di una donna capace di amare così intensamente da farsi stracciare il cuore, senza però smettere di dare tutta sé stessa in ogni singolo centimetro percorso, in ogni circostanza; senza perdere la nobiltà di perdonare i suoi nemici e senza mai negare alcunché ai suoi Amici, mai.
Contagiandoli con la sua sincera allegria e la sua splendida e disarmante spontaneità.
“Lo vedo, sai, non posso farne a meno, che i tuoi occhi sono sfiniti, dietro a quel tuo sorriso con cui cerchi di celare al mondo intero la fatica di questa battaglia.
Eppur sta tutto lì, in quel tuo sorriso sincero, spontaneo, disarmante…
Ma i tuoi occhi… no, non sanno mentire, non a me.
La percepisco la tua stanchezza, la tua paura, la tua energia a cui stai chiedendo tanto, forse troppo, ma a cui fortunatamente non sai rinunciare…
E mi commuovo davanti al tuo volto, a così tanta determinazione, a così tanta immensa forza.
Sento tutto chiaramente, della bocca dello stomaco fino lì, in mezzo al petto.
E sebbene incapace di gesto alcuno che possa servire al tuo animo, incapace di alleviarti quel peso, non riesco, non posso essere indifferente a te, per nessun motivo, in nessuna vita.
Così rimango dove sempre protrai trovarmi, lo sai, continuando a tenderti quella stessa mano che mai afferrerai…”
Immergendosi nella profondità del suo sguardo, soffermandosi sul suono della sua risata, sul perché delle sue parole mai a caso pronunciate, riconoscendo il luccichio di una lacrima trattenuta a stento sul suo volto, scrutando l’estrema sensibilità e la mai ostentata intelligenza del suo essere, narrò spesso di quella guerriera, con profondo affetto, ammirazione, gioia e sofferenza; lasciandosi completamente andare, rapire, ubriacare da ciò che sentiva, per poi fondere le sue emozioni col nero dell’inchiostro, in modo che ogni parola potesse prendere forma nei meandri del suo animo, scivolare piano tra le sue dita e stamparsi indelebilmente sull’innocenza di un foglio bianco.
Narrò questa e molte altre storie, nell’esatta, folle e, forse, eccessivamente intesa e devastante maniera. Come diversamente mai fu mai capace di fare.
La raccontò ancora e ancora, perché il mondo potesse imparare ad osservare, ad ascoltare, a riconoscere, a comprendere, a meditare a…
Perché non si dovrebbe rimanere indifferenti a certe esistenze, non si dovrebbe dinnanzi a cotanto valore. Mai.
Così, inchinandosi di fronte al suo beffardo destino, senza arma né difesa, continuò a scrivere delle gesta di colei che nacque per caso principessa, colei che mostrò a tutti il coraggio del suo essere guerriera e venne poi incoronata regina. Regina delle Combattenti.
“Delle volte, forse, bisognerebbe soltanto avere un po’ più di Fede nella vita…”
disse.
(marzo 2019)
foto: Web
Semplicemente meravigliosa.
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…grazie di cuore, Marti! Mi fa molto, molto piacere leggere il tuo commento!
Questo testo è stato molto faticoso, ci tenevo davvero tanto… HugZ! 🙂
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